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motivazione al cambiamentoQuanti psicologi ci vogliono per cambiare una lampadina?

Uno, basta che la lampadina sia motivata a cambiare!

Questa vecchia barzelletta mette al centro della nostra attenzione la motivazione al cambiamento, uno dei concetti chiave nei percorsi di psicoterapia, perché ha a che fare con l’intenzione dalla persona, il suo progetto di vita, l’idea che lei stessa ha rispetto alla propria situazione esistenziale.

L’idea che non sia possibile giungere ad alcun cambiamento se la persona non è motivata a farlo è condivisa da tutti gli approcci terapeutici, ed al contempo facilmente intuibile e condivisibile anche a chi non sia particolarmente esperto di questioni “psi” (un’idea peraltro che dovrebbe anche essere sufficiente a contrastare la diceria talvolta ancora in voga per cui “lo psicologo è uno che ti legge nella mente e ti fa il lavaggio del cervello”).

Per capire però cosa questo significhi nel concreto può essere necessaria qualche precisazione.

Tutti noi abbiamo avuto esperienza di “cambiamenti controvoglia”: tutte le volte che siamo stati convinti ad un acquisto da un abile venditore, tutte le volte che ci siamo adattati a delle richieste fatteci da altri che non soddisfacevano le nostre, ecc.

Questi cambiamenti contraddicono l’idea da cui siamo partiti? Evidentemente no.

Il cambiamento che si cerca di ottenere con una psicoterapia, infatti, è di un tipo qualitativamente diverso da quello messo in atto nelle situazioni presentate sopra, nelle quali la scelta riguardava una questione momentanea, transitoria, o relativa ad aree circoscritte e specifiche, peculiari.

Al contrario il cambiamento perseguito con un percorso psicologico si riferisce alle modalità di funzionamento complessive della persona in aree per lei significative: il modo di vivere i rapporti, o di gestire alcune relazioni, come vengono lette determinate situazioni e quindi le modalità con cui vi si reagisce. Questi cambiamenti, come si intuisce, non possono essere momentanei e transitori, perché coinvolgono dimensioni chiave della vita. E nessuno di questi, evidentemente, può essere effettuato in modo efficace senza una reale motivazione della persona a farlo.

motivazione al cambiamentoUn altro aspetto importante da tenere presente rispetto a questo tema riguarda “la mobilità” delle motivazioni, cioè la sua capacità di trasformarsi e cambiare nel tempo, aumentando o diminuendo, comparendo o sparendo.

Quello che inizialmente poteva essere un cambiamento desiderato, ad un certo punto può apparire troppo oneroso, e perdere la sua appetibilità, o il cambiare di alcune condizioni intorno a noi può far vacillare la nostra determinazione o magari rovesciarla.

È evidente che un lavoro psicologico non può esimersi dall’affrontare e comprendere queste oscillazioni, per permettere alla persona di soppesarle e ponderarle, considerandole ma non lasciandone trasportare, per poter continuare a lavorare per i propri cambiamenti desiderati anche quando aumentano le resistenze o le incertezze, aiutandola a riequilibrare il rapporto costi-benefici.

motivazione al cambiamentoEsiste poi un ultimo aspetto tanto importante quanto sottovalutato circa le potenzialità di un cambiamento sul contesto intorno a noi, un aspetto con il quale mi trovo sempre più a confrontarmi grazie al lavoro con coppie e famiglie in cui non sempre tutte le persone si sentono ugualmente motivate a cambiare, e dove può anche capitare che alcuni finiscano per assumere una posizione di disinteresse o ostilità nei confronti del percorso psicologico.

In questi casi è importante tenere presente che, se non possiamo costringere l’altro a voler cambiare, possiamo però favorire delle condizioni ottimali perché questo cambiamento si verifichi: la modifica di un nostro atteggiamento può sparigliare le carte, rendendo insostenibile un equilibrio fossilizzato, mantenuto anche grazie a comportamenti di altri che in realtà non condividiamo.

L’esempio più classico può essere l’eterno problema del chi butta la spazzatura: possiamo spingere a motivare altri a farlo con mille parole, oppure provare a resistere per due settimane alla tentazione di buttarla noi, producendone invece più possibile, facendo traboccare quel cestino che abitualmente svuotiamo con tanta solerzia, facendo in modo che l’obiettivo “cura della casa” non sia più percepito come prioritario solo da noi, ma che venga condiviso anche da altri familiari.

Può essere che il nostro cambiamento cioè porti altri ad adottare comportamenti che non avrebbero avuto, o semplicemente a mostrare aspetti di sé che prima non erano visibili o che non avevano occasione di mostrare.

Come dire che forse, a ben vedere, può anche non servire alcuno psicologo a cambiare una lampadina, ma potrebbe bastare il cambiamento di un’altra per farle emettere una luce nuova.

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