Molto spesso però riuscire a capire che dietro a un problema fisico ci sono ragioni psicologiche può essere difficile, soprattutto per ragioni culturali.
L’idea che il corpo sia qualcosa di diverso e separato dalla mente è estremamente radicata e diffusa (almeno nella nostra cultura) malgrado moltissime esperienze quotidiane ci dimostrino il contrario: a tutti sarà capitato di sentirsi più irritabili per un mal di denti, o di accorgersi che in un momento di maggiore tristezza o preoccupazione si era più vulnerabili a piccoli malanni come influenza o herpes… tante situazioni in cui cioè mente e corpo dimostrano di influenzarsi a vicenda.
Chi ha una dermatite o un problema di emicrania non va dallo psicologo: l’idea è problema fisico = soluzione medica, qualsiasi altra opzione sarebbe vista al pari che andare da uno stregone o da un cartomante.
È solo quando tutti gli esami clinici del caso hanno dato esito negativo (spesso malgrado le analisi ripetute in centri sempre più specializzati) che si giunge con disperazione e scetticismo dallo psicologo, e spesso più per indicazione del medico stesso che non per una reale fiducia in questa “ultima spiaggia”.
“Ho fatto tutti gli esami del caso ma non è emerso niente. Alla fine il medico mi ha detto che allora deve essere un problema di stress, e di provare a venire da lei” è la frase di rito.
Preciso che naturalmente ritengo assolutamente ovvia e comprensibile la scelta di chi ricorre alla medicina in prima battuta: la questione non è infatti medicina o psicologia.
Ciò che mi interessa sottolineare è l’interazione continua che esiste tra corpo e mente, che sarebbe molto più opportuno guardare come un tutt’uno, come facce diverse di uno stesso dado, più che come parti diverse e scomponibili.
Il nostro corpo trema quando abbiamo paura, si piega nella tristezza e si tonifica nella gioia: il corpo parla delle nostre emozioni e dei nostri vissuti spesso in modo molto più esplicito di quanto pensiamo o sentiamo. Si dice che gli animali sentano le nostre emozioni: esclusa l’ipotesi della telepatia, la spiegazione è perché riescono a leggere le reazioni fisiche ai nostri stati emotivi meglio di quanto riusciamo a fare noi stessi, per il semplice motivo che sono più abituati e capaci di farlo.
Da una parte vale la regola della goccia d’acqua che scava la roccia: tante piccole sollecitazioni ripetute continuamente sullo stesso punto finiscono per indebolirlo e dare risultati insospettabili, così uno stress mentale o emotivo possono finire per incidere e trovare una via di sfogo nei nostri punti di vulnerabilità fisica.
Altre volte alcune parti del nostro corpo finiscono per indebolirsi per il valore relazionale, simbolico o funzionale che possono avere: chi è portato a “farsi carico” di tante responsabilità e impegni è possibile che soffra di problemi alle spalle o alla cervicale, così come molte problematiche sessuali affondano le radici nelle difficoltà della persona a relazionarsi in modo intimo con gli altri.
L’esperienza terapeutica con i problemi psicosomatici è tale per cui ogni volta che si inizia a “leggere il problema” dal nuovo punto di vista, si apre sempre una panoramica nuova che svela il messaggio mandato dal corpo che parla.
È chiaro che non tutti i problemi fisici hanno una matrice psicologica (ed anche per questo la via medica non può mai essere tralasciata a favore di un’altra), né l’obiettivo è quello di stabilire quali e quanti ce l’abbiano.
Quello che penso essere importante è aprire una via, una possibilità di visione diversa, e quindi di pensiero nuovo: il nostro corpo ci parla, ci ricorda che soffre, gioisce e vive con noi.
Imparare ad ascoltarlo significa permetterci di stare meglio con ciò che abbiamo dentro e fuori di noi.