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affinità di coppiaUna coppia di giovani innamorati si presenta recentemente nel mio studio con una richiesta molto particolare: vogliono essere aiutati a capire se tra loro le cose possono funzionare.

“Dottore, ci aiuti a capire se siamo fatti l’uno per l’altra” è la richiesta che mi fanno.

È possibile che un percorso psicologico risponda a questa domanda? È possibile cioè capire in anticipo se una coppia potrà funzionare?

La domanda che questa coppia mi rivolge può sembrare bizzarra, ma non è affatto inusuale.

Chi arriva a rivolgersi ad uno psicologo con una domanda di questo tipo generalmente lo fa in seguito ad una precedente esperienza di fallimento ancora bruciante, che impedisce di vivere serenamente la nuova situazione.

È un po’ come se questi innamorati non si fidassero più del loro “fiuto d’amore”: a loro sembra che le cose vadano bene… ma già una volta ci siamo sbagliati, se ci sbagliassimo ancora?

Questa è la domanda che li inquieta.

Se da una parte tale dilemma può essere più che comprensibile, vale la pena di chiederci se questa sia una domanda affrontabile, cioè se sia possibile sondare la “compatibilità amorosa” di due persone attraverso la psicologia (o attraverso qualsiasi altro strumento conoscitivo).

affinità di coppiaPurtroppo la risposta a questa domanda è presto detta, ed è negativa.

Chiaramente non esiste alcun modo per poter predire se una coppia funzionerà o meno, semplicemente perché è impossibile predire in quale modo i due “cercheranno di incastrarsi”, né cosa accadrà tra di loro, o come loro reagiranno a ciò che accade.

Ogni coppia ha bisogno di passare attraverso dei momenti critici che ne decretano la capacità di adattamento reciproco, la resistenza a tensioni e ostacoli, la possibilità di plasmarsi e riarrangiere le proprie reciproche vite in nome del nuovo legame.

La misura in cui una coppia è capace di affrontare tutto questo è determinante nel capire se una coppia può durare o meno: ci si innamora per quello che si vede, ma si rimane insieme per quello che si diventa, diventandolo insieme.

Questo non significa ovviamente che la psicologia o un percorso personale non possano essere di aiuto nel momento in cui il membro di una coppia vive una situazione di crisi personale, al contrario: a fronte di uno specifico passaggio critico, alla luce di una particolare reazione che la persona ha visto emergere dentro di sé, è possibile che un percorso psicologico possa essere di aiuto, ma solo una volta che la persona e la coppia hanno deciso di mettersi in gioco direttamente.

Accanto a questo va considerato un altro aspetto molto importante: ha ragione De Andrè quando canta “è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati”.

Le relazioni possono funzionare o meno, ma quello che succede dentro una relazione “intensa”, nella quale ci mettiamo in gioco veramente, è sempre occasione di profonda conoscenza personale. Anche dentro un fallimento affettivo, anzi, forse proprio soprattutto dentro un’esperienza come quella della fine di una relazione, è possibile cogliere elementi importanti per conoscersi, perché si toccano con mano degli aspetti di noi che magari fino a quel momento non avevano avuto modo di emergere. Cosa ci è piaciuto di quella persona? E perché poi a un certo punto questo feeling ha smesso di esserci o di essere sufficiente? Queste o altre domande possono essere l’occasione per accendere la luce su parti di noi che erano rimaste nascoste anche a noi stessi.

Detto in altre parole: la sofferenza (amorosa e non) non può essere evitata, ma si può fare in modo di trarne insegnamento.

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